Aria: Poesia e Potere del Suono

Immagine di Luke Stackpoole per Unsplash

Quando si tratta di elementi in ambito magico-esoterico e si arriva a parlare dell’Aria le associazioni consuete ci suggeriscono i venti, immagini di piume o magari le spire dell’incenso (che in realtà in modo molto interessante, quando bruciato riunisce in sé anche Terra e Fuoco). C’è qualcosa però a cui raramente si fa riferimento, nonostante abiti la nostra realtà ed abbia un ruolo tanto ampio nella vita di tutti noi. Mi riferisco al suono.



Da energia ed emozioni...


Impalpabile come l’aria stessa, il suono “abita” l’aria, attraverso di lei si propaga e agisce il suo grande potere che davvero sembra avere qualcosa di magico, tanto che vi sono diverse teorie (molto New Age e mai confermate, anzi piuttosto decisamente avversate dalla scienza e dalla fisica in particolare) secondo cui alcuni tra i più grandi e misteriosi monumenti del passato arcaico dei popoli furono costruiti usando magiche melodie, in grado di spostare e sollevare massi e blocchi di pietra diversamente impossibili da gestire dato il tipo di tecnologia disponibile in determinati momenti storici.


Eppure il potere del suono è un campo vasto e complesso che sempre di più trova conferme nella fisica e nella medicina (si pensi alle possibili applicazioni degli ultrasuoni - del resto non tutti i suoni si collocano nella gamma a noi percepibile, non per questo non esistono o non portano effetti concreti) e che tocca tanto la materia che la mente e le emozioni.

Come diversi studi dimostrano, alcune tipologie di musica complessa sono in grado di influenzare in positivo lo sviluppo cerebrale di un feto (o di rendere rilassate le mucche che producono più latte!), ma anche nell’esperienza diretta di ciascuno di noi sappiamo come la musica sia in grado di provocare stati d’animo, sostenerli e accompagnarli: per quanti di noi, infatti,  esiste la perfetta playlist in base a come ci sentiamo? Non è forse vero che leghiamo in modo indelebile momenti, ricordi e sensazioni ad alcune musiche? Pensate alle colonne sonore dei film: quanto sarebbe diverso vedere certe scene senza musica? Quanto una musica ci scava dentro e ci permette di partecipare a quell’attimo? E che dire di quei film che ci propongono una colonna sonora dallo stile in netto contrasto rispetto a quanto mostrato nelle immagini, generando in noi un senso di disagio e disorientamento? Discipline come il Sound Healing (in italiano Suonoterapia) ci spiegano come un sapiente uso di scale e intervalli sia infatti in grado di comunicare e insinuare in noi una precisa sensazione che non è solo acustica, ma energetica ed emotiva e come ogni accordo, intervallo, assonanza e dissonanza abbia un preciso effetto noto e, per questo, possa essere utilizzato con precisione e intento.


Tutto ciò fa parte del potere del suono sul nostro campo emotivo, come ben sapevano gli antichi Bardi del mondo celtico, che oltre a conoscere poemi, epica, leggende, leggi e notizie da luoghi lontani, dovevano essere abili nell’utilizzo di tre particolari tipologie di melodie appositamente per indurre una reazione emotiva: Goltrai (melodia della tristezza), Geantrai (melodia della gioia o dell’amore), Suantrai (melodia del sonno). Secondo alcune supposizioni diffuse tra chi sostiene la presenza di elementi sciamanici nel mondo celtico-druidico, le melodie Suantrai non servivano per portare ad un semplice sonno in senso stretto, ma erano piuttosto utilizzate per indurre uno stato di coscienza alterato, come quello del viaggio sciamanico… Ma su questo aspetto, parte del potere del suono, torneremo tra poco.



...alla materia


Come si diceva poco sopra, il suono è in grado di influenzare anche la materia in vario modo, a cominciare dal regno dell’Aria che abita: l’aria, fisicamente parlando, è un fluido le cui particelle, colpite dall’onda sonora, si spostano di conseguenza, facendo propagare l’onda fino al nostro timpano che, vibrando, comunica l'informazione al cervello che la interpreta. Per un principio simile, già nel XVIII secolo il medico e fisico Ernst Chladni, osservò un interessante fenomeno, poi sviluppato e ulteriormente studiato nel 1967 dal medico svizzero Hans Jenny che vi applicò il nome Cimatica (dal greco “studio riguardante le onde”). Questi scienziati studiarono come le onde sonore fossero in grado di creare forme geometriche precise su una membrana o su un piatto oscillante cosparsi di sabbia (o da un sottile strato d’acqua) e di come a determinata onda sonora corrispondesse un preciso disegno. Le onde sonore avrebbero quindi un effetto morfogenetico. Questi studi, da alcuni definiti teoria, da altri pseudoscienza, non hanno trovato ad oggi spazio in ambito scientifico ufficiale (come del resto gli esperimenti e le teorie sull’acqua di Masaru Emoto), ma sono davvero affascinanti da osservare tanto in vecchi filmati più semplici che in installazioni moderne e di grande impatto visivo e sonoro (online se ne trovano molti se si desidera averne qualche esempio).




Una delle applicazioni più interessanti in cui possiamo vedere all’opera il potere del suono, tanto da un punto di vista energetico che in rapporto alla materia, è certamente nella disciplina del Sound Healing, già sopra citata. La Suonoterapia, infatti, lavora principalmente sulle energie (diversamente dalla Musicoterapia che si rivolge più agli aspetti psicologici) e punta ad una riarmonizzazione del “sistema persona”. Per fare questo si utilizzano diversi strumenti tradizionali e ancestrali, a partire dalla voce umana - lo strumento nel quale è più immediato e potente direzionare l’intento - per procedere poi con diversi strumenti provenienti dalle antiche tradizioni sciamaniche, quali tamburo, sonaglio e campane tibetane e per ampliarsi poi a molti altri, antichi e non, dai gong alle campane di cristallo, didgeridoo, handpan e simili e molti altri. A seconda dell’intento, elemento fondamentale che “dirige” il focus dell’energia dell’operatore, oltre a lavorare con un sapiente uso del suono in termini più strettamente musicali, scegliendo scale e intervalli, il Sound Healing si affida alle qualità vibrazionali degli strumenti in grado di produrre una vibrazione fisicamente sensibile. Avremo così un’azione prettamente sonora ed una doppia azione a livello fisico: da una parte infatti la persona ricevente si trova immersa in un panorama sonoro e vibrazionale che la circonda, e oltre a percepire il suono con l’udito potrà percepire anche la vibrazione con l’organo di senso in assoluto più esteso che possediamo, la pelle. A questo si aggiunge la percezione profonda delle vibrazioni che oltrepassano la cute, che è il nostro confine fisico (ma non energetico) con il mondo esterno. La disciplina del Sound Healing infatti si basa sul principio della legge fisica della risonanza (ci tengo a ribadire: quella fisica, non la legge di attrazione di stampo new age) che cita “Si dice risonanza il fenomeno per cui un sistema oscillante è in grado di assorbire energia da una sorgente esterna in modo particolarmente efficiente ad una o più frequenze ben precise. Ogni sistema fisico caratterizzato da onde proprie di oscillazione può risuonare con una sorgente esterna.” Tradotto questo significa che il sistema persona, in qualche modo energeticamente squilibrato, può essere riportato ad uno stato armonico applicando le frequenze di strumenti musicali anche direttamente sul corpo fisico della persona (la prossimità dello strumento alla persona dipende da numerosi fattori, a partire dal tipo di strumento stesso): siamo fatti in gran parte di acqua, che ovviamente conduce molto bene la vibrazione e il suono (che è comunque un’onda, un movimento vibratorio). In questo modo la vibrazione sonora è in grado di propagarsi letteralmente dentro di noi e di penetrare a livello cellulare. L’azione del suono è dunque così ampia da avere un profondo impatto emotivo (scale e intervalli), energetico e fisico/meccanico. Di grandissimo interesse sono in questo senso gli studi (tra i tanti, soprattutto statunitensi) del Prof. Carlo Ventura, biologo molecolare, che ne sta studiando l’applicazione in ambito oncologico.



Il tamburo, strumento degli sciamani 


Le meraviglie del potere del suono però non si fermano qui, ma anzi affondano le radici nei tempi e nelle tradizioni antiche quanto il mondo, così solide e così vere che, nonostante lo scorrere del tempo e i vari diversi tentativi di estirparle, sono arrivate fino a noi, per trovare oggi forse nuove frontiere per ampliarsi, nuovo interesse, nuova consapevolezza e nuova vita. Mi riferisco al mondo dello sciamanesimo che vede il potere di suono, ritmo e vibrazione alla base della sua pratica primaria: il viaggio sciamanico.

Come giustamente spesso si sottolinea, usare la parola “sciamanesimo” significa tutto e niente e dovremmo prima di tutto utilizzare il plurale “sciamanesimi”, essendo forme e tradizioni anche molto diversificate tra loro. Ma nonostante le molte differenze intrinseche e nonostante i numerosi distinguo che sarebbero d’uopo anche con uno sguardo occidentale e antropologico, un fattore che di certo non manca mai all’esperienza sciamanica è il suono.




Nella stragrande maggioranza dei casi lo strumento d’elezione nell’ambito delle spiritualità sciamaniche è il tamburo - con pochissime eccezioni - al quale si affianca spesso la presenza del sonaglio con usi e fini diversi. Anche nei casi in cui non sia il tamburo al centro della scena, troviamo comunque strumenti musicali dai suoni ipnotici e particolari. Per esempio gli sciamani delle steppe del Kazakhstan utilizzano un rudimentale strumento a corda chiamato kobiz, gli aborigeni australiani utilizzano il didgeridoo (il cui nome originale nativo è, a seconda delle zone, yidaki o mago). Anche in Siberia, terra dove il ruolo del tamburo (dungur) nello sciamanesimo è preminente, esiste una intera complessa tradizione - indicata come “Walking Shamanism” -  i cui insegnamenti non vengono diffusi al di fuori degli iniziati, legata al piccolo strumento che noi conosciamo come scacciapensieri (khomus in Siberia). 

Come è facile notare si tratta sempre di strumenti dal suono ipnotico e dotati di forti vibrazioni. Non diversamente infatti dal tamburo, il cui suono è in grado di trasportare l’anima dello sciamano verso i Mondi Altri, tanto che nelle tradizioni siberiane si parla di “cavallo dello sciamano”, come fosse letteralmente un mezzo di trasporto. Il suono del tamburo percosso alla giusta frequenza (circa 3-4 battiti al secondo) è in grado di modificare lo stato di coscienza di una persona, inducendo il cervello a scivolare dalle onde Beta (ovvero le onde cerebrali emesse in stato di veglia) alle onde Theta, tipiche invece di una serie di stati di coscienza particolari, quali la meditazione profonda, il sogno ad occhi aperti, la fase REM del sonno, ovvero quando si sogna, in generale sono le onde prodotte dal nostro cervello quando questo si trova in una fase fortemente immaginativa. Anche questo è un ulteriore, affascinante esempio del potere del suono sulla nostra mente.

Nel corso del viaggio sciamanico, gli sciamani di numerose tradizioni del mondo suonano e cantano: cantano ai propri Spiriti Alleati in forma di ringraziamento e di preghiera, cantano agli dei, agli antenati e agli astri, cantano per narrare agli astanti cosa stia loro capitando nel corso del viaggio, così che le persone siano rese partecipi di quanto avviene.

La musica nel mondo antico è da sempre fondamentale, mezzo di celebrazione, connessione, preghiera e ringraziamento al divino e agli Spiriti e questa funzione probabilmente già in passato si estendeva alla consapevolezza dei poteri di “guarigione” del suono che oggi troviamo nelle discipline olistiche che hanno saputo “riscoprirli”.


Il tamburo, in particolare, si ritrova in numerose tradizioni affiancato da un altro strumento, antico forse quasi quanto il tamburo stesso e quasi altrettanto diffuso: il flauto. Si pensi che uno dei ritrovamenti più antichi di un flauto è stato fatto in una caverna in Germania e lo strumento è stato datato come risalente a 35.000 anni fa: la cosa stupefacente è che la distanza dei fori di quell’antico flauto ricavato da un osso, corrisponde allo stesso rapporto che utilizziamo noi oggi. 

Il binomio tamburo flauto ci invita a considerare ulteriormente il potere del suono in termini evocativi, rituali, celebrativi, tanto che l’antropologa Angeles Arrien ha parlato di una “ruota di medicina delle percussioni”, assegnando ad ogni direzione e relativo elemento (secondo però la ruota di medicina Nativa americana, diversa dalle nostre associazioni europee) alcuni particolari suoni, evocativi dal punto di vista acustico rispetto agli elementi corrispondenti.

Secondo la visione nativa, tamburo e flauto vanno a creare l’Albero della Musica, ove il tamburo, il cui legno è ricavato dal tronco ed il cui suono è grave, è una via di connessione alla terra, mentre il flauto, strumento a fiato il cui legno si ricava dai rami, è una via di connessione al cielo: insieme, duettando, tamburo e flauto ci mostrano il movimento verticale e ciclico della vita, quel giusto equilibrio che anche noi dovremmo trovare, figli del cielo e della terra, di spirito e materia.






Il tamburo, strumento delle donne


Il tamburo ha molte forme e molte funzioni, sia nel tempo che nei vari luoghi del mondo e relative tradizioni, così è che il tamburo a cornice in stile mediterraneo e mediorientale vede alle sue spalle una storia molto antica, con una profonda connessione quasi organica alle grandi Dee Madri del passato e al femminile, attraverso la ciclicità della vita, la creatività, il ritmo, il tutto convogliato nell’utilizzo rituale. Ad accompagnare in questo viaggio di ampio respiro il lavoro svolto negli anni ‘70 da Layne Redmond, percussionista precocemente scomparsa che, a braccetto con le teorie dell’archeologa Marija Gimbutas, nel suo libro “When the Drummers were Women” alza il velo su un mondo antico in cui le società erano di tipo matrifocale, ma soprattutto le donne avevano ruoli di primaria importanza in ambito spirituale e religioso, come sciamane e sacerdotesse.

Layne Redmond descrive queste sacerdotesse come delle esperte di tecnologie del sacro, tecnologie che passavano attraverso il tamburo ed il sapiente uso dei ritmi: che l’intento fosse indurre un cambiamento di stato di coscienza, invitare i semi appena piantati a germogliare, stimolare le contrazioni del parto o accompagnare le anime dei defunti oltre il velo, le donne conoscevano il ritmo giusto.

In quanto connesso alla ciclicità e alla vita nelle sue espressioni naturali, il tamburo possiede un suo linguaggio, una sua voce, che da tradizioni antiche è arrivato fino a noi oggi: ad ogni tipologia di tocco del tamburo, infatti (il tamburo a cornice della tradizione mediterranea e mediorientale si suona con le mani), viene fatto corrispondere un elemento, così che il tamburo possa esprimere quanto dell’essenza della natura è racchiusa in esso e possa dar voce a emozioni e suggestioni in forma sonora, così come la stessa Layne Redmond imparò da Hamsa El Din, percussionista tradizionale nubiano. Attraverso il tamburo possiamo quindi veicolare la secca rapidità del Fuoco, la sorda nota della Terra, la fluida espansione dell’Acqua, il soffio della Vita dell’Aria.



(articolo scritto e pubblicato la prima volta sul numero di Sirio del 10 settembre 2020)


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