Solstizio d'Estate - Alban Hefin
![]() |
Foto di Anik Sood su Unsplash |
Alban Hefin, detto anche Alban Heruin, Litha (dalle tradizioni del nord Europa) o più semplicemente e scientificamente Solstizio d’Estate, segna il momento di massimo culmine del Sole: il punto più a nord del suo corso, il giorno più lungo e, di conseguenza, la notte più breve. La parola stessa “solstizio”, di derivazione latina, ci dice come questo momento vada a segnare l’apice di un percorso ascendente: “sol stat” = “il sole si ferma”.
Ma come ad ogni culmine corrisponde altrettanta discesa, questo momento dell’anno segna anche il lento declino della durata della luce del sole, che torna a spostarsi verso sud, mentre le giornate si accorciano.
Questa celebrazione presenta dunque due aspetti: da una parte si onora il sole e le sua luce con tutto ciò che è manifesto (Luce, sole, fuoco - ovvero ciò che è esteriore e manifesto), dall’altra cominciamo già a cogliere un principio di valenza intimistica che compie il primo passo in questo momento di confine (acqua, buio - ovvero ciò che è interiore e intimo).
Sì, il Solstizio è un momento di confine, in quanto fine di un ciclo e inizio di un altro (altrettanto avevamo detto, se ricordate, in occasione del Solstizio invernale) e in questo senso si avvicina, energeticamente parlando, alle festività di Bealtaine e Samhain, quando il velo tra i mondi si fa sottile, è una delle “notti degli Spiriti”.
Quello del Solstizio è un momento di energie davvero molto potenti, soprattutto in quanto energie di fertilità e vitalità: in diverse tradizioni, in modo trasversale, troviamo il concetto di un caos positivo, confusionario ma creatore, un caos che vede sfumare tra loro i momenti di confine (luce-buio, giorno-notte, terra-acqua, acqua-fuoco) oltre che i ruoli; un caos creatore (come quello primigenio prima del logos/luce che infatti giunto al suo culmine va calando lasciando lo spazio al buio) che vediamo anche immortalato nell’opera di Shakespeare “Sogno di una Notte di Mezza Estate” (Midsummer è infatti il nome popolare inglese di questa festività), all’interno della quale la confusione, l’inversione dei ruoli e il mischiarsi di creature umane e fatate (Puck, Oberon, Titania…) produce intrecci e pasticci. Sogno e realtà si fondono e sfumano in una suggestione magica intrinseca in questa notte: notte di suoni nel bosco, di lucciole nei prati, di rugiada sull’erba, di creature che si muovono attorno a noi.
I festeggiamenti del Solstizio d’Estate vedevano una serie di tradizioni legate al concetto del ciclo solare e della potenza del sole che si riflette nell’abbondanza e fertilità della terra: come a Bealtaine, anche in occasione del Solstizio si usava creare corone di frasche, erbe e fiori da indossare, si danzava intorno al fuoco e si saltavano le fiamme, si usava regalare piante agli amici - tutti simbolismi che ritornano in quanto riferimenti a fertilità ed abbondanza.
Essendo una notte magica e dal velo sottile, tra le attività tradizionali vi era la divinazione, che spesso in questo periodo si concentrava soprattutto su tematiche di fertilità: si cercava di ottenere previsioni sull’identità di mariti e spose per i giovani in età da matrimonio.
Una delle pratiche tra le più note (sia per divinare riguardo a possibili partner, che in generale) è quella di versare l’albume d’uovo in una vaso di acqua fredda e lasciarlo per tutta la notte: il mattino successivo si valuta che forma l’albume ha preso nell’acqua e si traggono auspici di conseguenza. Per le forme simili ad un veliero con tanto di alberi che spesso ne risultano, questa pratica viene anche chiamata Barca o Veliero (di San Pietro o San Giovanni a seconda di quando viene utilizzata).
Per celebrare la luce e il Sole era usanza tenere i fuochi accesi per tutta la notte e vegliare lungo la notte più breve in attesa dell’alba. Nel buio della notte venivano accesi falò in cima alle colline, avvenivano processioni con le fiaccole e, con un forte e affascinante riferimento al disco solare e al suo ciclo giunto al culmine, venivano incendiate ruote di carri, che venivano poi fatte rotolare lungo i pendii delle colline.
Essendo un momento di grande rigoglio della natura, si raccoglievano le erbe nei prati, in questo momento al massimo del loro sviluppo e, ci dicono le tradizioni, del loro potere quali iperico, artemisia, verbena, aconito, timo, ruta, camomilla, calendula, maggiorana e molte altre (per le tradizioni successive questa è la Notte di San Giovanni o anche Notte delle Streghe e la raccolta delle erbe era un momento saliente, al quale seguiva la preparazione della famosa Acqua di San Giovanni). L’erba principale che un po’ va a simboleggiare questa festa è soprattutto il già citato iperico: da fiore giallo sgargiante come il sole, l’unguento ricavato da questa pianta ha molte proprietà, prima tra tutte proprio curare le scottature!
![]() |
Foto di Ines Sperling su Pixabay |
Nel raccogliere le erbe si raccoglieva anche la rugiada, che abbiamo detto essere la controparte simbolicamente introspettiva del fuoco solare, legata alla notte. La rugiada del Solstizio, così come quella di altre feste primaverili, si diceva essere carica di proprietà particolari e potenti dopo notti così magiche e di confine. Veniva raccolta lasciando stesi dei teli di cotone sui prati per tutta la notte o trascinandoli attraversando i prati di primo mattino, in modo che si inzuppassero accarezzando l’erba, per poi venire ovviamente strizzati in recipienti. Alle volte proprio la rugiada così raccolta veniva usata nella preparazione dell’Acqua di San Giovanni (24 giugno) quando questa tradizione si sovrappose al Solstizio.
In un’ottica più vicina al mondo druidico citiamo anche come fosse questo il periodo in cui veniva raccolto il vischio ormai avvizzito sui rami, che seccando, appunto, assume un colore dorato uniforme, il famoso ramo d’oro.
Dono del Solstizio, nelle culture agresti, era anche il primo raccolto dell’estate e a questo si legano le tradizioni - più presenti nei paesi anglosassoni - legate alla figura del Dio che sacrifica se stesso per poi rinascere (nel folklore inglese più tardivo troviamo la figura di John Barleycorn). Questa allegoria può essere applicata tanto al sole, che nel suo moto celeste da questo momento comincia a declinare per poi “rinascere” al Solstizio d’Inverno, quanto al “dio” insito nel grano, che del resto è frutto del sole. Infatti il dio del raccolto si sacrifica raggiunta la maturazione delle messi e viene tagliato per essere poi ripiantato come seme e rinascere, dopo un periodo di ristoro nella terra al buio - dove la terra è chiaramente principio femminile, ed è un po’ sua sposa e un po’ sua madre. Le narrazioni di un dio solare che si sacrifica e poi rinasce le troviamo ovviamente in numerose tradizioni spirituali dell’antica Europa e del bacino Mediterraneo. Si badi bene: questa è la struttura base dell'eterno mito agricolo come più spesso lo ritroviamo presso le tradizioni, ma questo non implica per forza di cose alcuna sorta di assegnazione di valenza maschile/femminile agli elementi e alle energie. Trovo necessario specificare questo perché una cosa è tradurre in modo simbolico e mitologico gli eventi e i cicli naturali, altra cosa è trasportare questa simbologia in termini energetici e psicologici nell'analizzare le persone, perché ricordiamolo, le energie sono neutrali, così come gli elementi, il sole e la terra. In antichità, infatti, troviamo molte divinità solari in veste femminile in tutto il mondo: ne troviamo esempi anche nel mondo celtico con le dee Yggrayne, Aine, Etain, Sulis...
![]() |
Foto dal sito Pixelpluck.com |
Sempre rimanendo all’interno di una allegoria arborea, si è andato anche sviluppando il mito della lotta tra il Re Agrifoglio e il Re Quercia, che si sfidano due volte l’anno, proprio in occasione dei Solstizi e che vincono a fasi alterne, dominando così le due metà dell’anno: il Re Quercia, che domina sulla metà Luminosa, vince in Inverno, quando la potenza del sole va aumentando e perde al Solstizio d’Estate, quando il sole va declinando. Viceversa, nella battaglia estiva, a dominare sarà il Re Agrifoglio.
Proprio nei paesi più a nord dell’Europa, dove il sole è presente in minor misura rispetto alle nostre latitudini e dunque profondamento onorato e anelato, sappiamo che questa festività rivestisse un ruolo fondamentale e la stessa evidenza archeologico-astronomica ce lo indica: moltissimi monumenti neolitici, compresi la celeberrima Stonehenge, sono orientati infatti in base al sorgere del sole nel mattino del Solstizio d’Estate. Secondo diverse ipotesi, i grandi monumenti megalitici non sarebbero utili solo per calcolare e indicare i moti celesti, ma essendo spesso composti da pietre ricche in quarzo, pare fungano da “moltiplicatori” di energia in una sorta di rete di “agopuntura” per la terra: il quarzo infatti sembrerebbe poter immagazzinare e trasmettere l’energia del sole, molto potente in questo momento. Pare infatti non sia affatto un caso se i grandi monumenti megalitici sorgono in corrispondenza delle Ley Lines e di nodi tra esse.
Il Solstizio d’Estate, come tutte le festività lungo l’antica ruota dell’anno, ha naturalmente anche un risvolto di tipo spirituale, sociale e personale. E’ infatti questo il tempo per stare insieme, godere del sole e dell’aria aperta, tempo di condivisione e di danze. Tempo per osservare la strada percorsa e celebrare noi stessi, i nostri progetti ormai maturi, i nostri sucessi, le mete raggiunte. Ma, come abbiamo visto per il ciclo solare, è anche il momento di una grande transizione che già ci invita a voltare pagina verso i reami interiori: questa nuova svolta non è da intendersi come passi indietro, ma come una evoluzione che porta a più profonda maturazione noi e gli obiettivi che abbiamo raggiunto.